Terapia di gruppo: il gruppo come strumento di cura

Terapia di gruppo: il gruppo come strumento di cura

1. Terapia di gruppo: un concetto anacronistico?

È possibile al giorno d’oggi, in cui la società ci sta sempre più spingendo verso un individualismo imperante, pensare che il gruppo (più precisamente, la terapia di gruppo) possa costituire uno strumento terapeutico adeguato ed efficace?

La risposta a questa domanda è . Le motivazioni di una tale constatazione sono probabilmente da rintracciare nell’evidenza che l’avvento della pandemia ci ha indotti ad  approcciare l’altro e più in generale il mondo esterno, come un potenziale rischio alla nostra integrità psico-fisica, facendoci perdere di vista la più importante consapevolezza che abbiamo sul nostro essere: l’uomo è un animale sociale e in quanto tale non può vivere e pensarsi come individuo isolato. 

Di certo è innegabile che fare i conti con la dimensione sociale e relazionale sia l’aspetto quotidiano che più ci affatica, proprio perché implica il dover curare e gestire sia i legami più stretti ed intimi, ma anche rapporti che avvengono all’interno di contesti prettamente più formali (lavoro, scuola, università etc…). In questo senso il gruppo, nella sua accezione terapeutica, costituisce uno spazio rappresentativo della realtà esterna, in cui poter sperimentare, riconoscere e elaborare, in modo più sicuro e protetto, tutte quelle dinamiche relazionali fonte di sofferenza che possono caratterizzare con costanza la nostra routine giornaliera.

Appare altrettanto importante sottolineare che spesso conflitti e disagi su un piano mentale, tendono ad avere origine in contesti interpersonali primari, come la famiglia; perciò il singolo inserito in un gruppo tende a riproporre verso gli altri relazioni familiari, consentendo così una loro osservazione ed analisi, in modo da favorire successivamente la coscienza dei propri atteggiamenti e comportamenti, attraverso la relazione con gli altri membri del gruppo (Di Maria F., Lo Verso G., 1995).  

Conseguenza di ciò è la possibilità di superare e interrompere quella catena disfunzionale che impedisce di vivere con maggior serenità il rapporto con “l’altro”. 

2. Fattori terapeutici della terapia di gruppo

A dimostrazione che il gruppo costituisca un forma di cura in grado di garantire un miglioramento delle condizioni di benessere psicofisico, sono stati individuati specifici fattori terapeutici, che si attivano durante il processo gruppale, garantendone appunto una sua efficacia. In questo senso risulta di fondamentale importanza il contributo di Yalom (1970), il quale individuò 11 fattori terapeutici comuni a tutti i gruppi di psicoterapia, indipendentemente dal modello teorico di riferimento del conduttore.

  1. Informazione: fa riferimento alla natura plurima del gruppo stesso, che consente di ricevere nuove informazioni, suggerimenti e consigli circa il proprio malessere, da parte del terapeuta e degli altri componenti, permettendone non solo una maggiore conoscenza, ma pure un suo migliore contenimento.
  2. Infusione della speranza: tale fattore si sviluppa a partire dall’osservazione dei miglioramenti conseguiti dagli altri pazienti presenti in gruppo, incrementando perciò la motivazione del singolo alla terapia ed al suo proseguimento.
  3. Universalità: si esprime nel ridurre la credenza di unicità dei problemi vissuti tramite la condivisione della sofferenza, attenuando così lo sgradevole stato emotivo di vergogna o colpa per ciò che ci è e ci sta capitando.
  4. Altruismo: attraverso le azioni di reciproco aiuto tra i membri del gruppo, è possibile aumentare il senso di autostima in relazione all’esperienza del sentirsi accettati.
  5. Ricapitolazione correttiva del gruppo primario familiare: tale fattore permette ai pazienti di riattivare, rivedere e rielaborare dinamiche relazionali tipiche dei loro nuclei familiari di origine, compiendo così nuove valutazioni e modificazioni mai tentate precedentemente, grazie al continuo confronto che si instaura tra il gruppo familiare e quello di terapia.
  6. Sviluppo di tecniche di socializzazione: gli scambi interpersonali all’interno del gruppo, con particolare riferimento ai feedback ricevuti dagli altri membri, forniscono la possibilità di apprendere nuovi modelli di comunicazione ed interazione, che risultano più adeguati e funzionali di quelli acquisiti in precedenza.
  7. Comportamento imitativo: è un fattore insito del setting gruppale, che consente tramite l’osservazione degli altri membri del gruppo e del terapeuta, di imparare e mettere in atto comportamenti a valenza positiva.
  8. Apprendimento interpersonale: fa riferimento al raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé, attraverso l’intuizione e l’elaborazione del transfer che avvengono nello svolgersi delle dinamiche relazionali del gruppo. Esso è particolarmente complesso ed influente, non a caso al suo interno può contenere più fattori terapeutici.
  9. Coesione di gruppo: consente di far funzionare il gruppo e il resto dei fattori terapeutici, manifestandosi come la percezione generalizzata di sentirsi parte di un contesto all’interno del quale ci si sente riconosciuti.
  10. Catarsi: la condivisione e la libera espressione del vissuto emotivo di fronte ad altre persone, comporta l’esperienza di sollievo nei confronti della sofferenza psichica.
  11. Fattori esistenziali: con essi si fa riferimento ad aspetti della condizione umana che non sono direttamente riconducibili al cambiamento, ma la loro esplorazione è indispensabile per favorirne una sua attivazione.

3. Quale tipo di gruppo?

Aspetto cruciale nello svolgimento di una terapia di gruppo è quello relativo alla sua strutturazione in specifiche tipologie, caratterizzate a loro volta da peculiarità di funzionamento, che vanno ad influire direttamente sul processo di cura. Foulkes (1975), padre fondatore della gruppoanalisi, distingue di base 2 forme di gruppo: Chiuso ed Aperto.

  • Un gruppo chiuso ha una durata prestabilita, generalmente di un anno o due, ed è rivolto ad un numero di pazienti che inizia e finisce insieme il percorso terapeutico, il quale è focalizzato su una serie ristretta di obiettivi e tematiche. I vantaggi di un intervento così strutturato, sono da rintracciare proprio nella conoscenza della durata del trattamento, il che favorisce la motivazione e l’impegno al lavoro di gruppo nel superamento delle problematiche condivise.
  • Un gruppo aperto, al contrario, non ha un termine definito, ma ciascun membro ha la possibilità di concludere sulla base del proprio iter terapeutico. La rotazione dei membri al suo interno, permette allo stesso tempo di beneficiare dei nuovi ingressi, in quanto portatori di nuove risorse e tematiche, ma anche delle uscite, che costituiscono un elemento di speranza per tutti i partecipanti circa il raggiungimento di una conclusione del proprio percorso di cura. 

4. Perché intraprendere una terapia di gruppo

Nel porci questa riflessione, risulta necessario partire dal presupposto che in generale un trattamento di gruppo è indicato lì dove è indicata una terapia individuale (Foulkes, 1975), ad eccezione di gravi forme di depressione, paranoia e psicopatia. 

Va anche specificato che i due diversi setting non per forza si escludono, ma in diverse situazioni possono coesistere ed essere reciprocamente di supporto l’uno con l’altro. Detto ciò è innegabile che una terapia di gruppo abbia dei vantaggi che sono specifici di questo spazio di cura, rendendolo per certi versi più efficace di quello individuale.

  1. In primo luogo il gruppo è indubbiamente più associabile alla complessità socio-culturale in cui ciascuno di noi è immerso, favorendo la possibilità di trasportare e riproporre nel mondo esterno quanto di nuovo e più sano è stato appreso in questo assetto su un piano intrapersonale e interpersonale.
  2. Il gruppo offre al singolo paziente un numero maggiore di stimoli, aiutandolo a prendere più velocemente consapevolezza dei personali disagi, attraverso la condivisione ed il confronto con gli altri membri, riducendo contemporaneamente l’errata credenza di essere soli nel proprio dolore.

Infine il gruppo, garantisce la soddisfazione di uno dei bisogni primari dell’uomo, ovvero la necessità di sentirsi parte integrante di un “qualcosa”, attenuando la sofferenza legata all’esistenziale senso di solitudine cui ognuno va incontro durante lo scorrere della vita.

Bibliografia

Di Maria F., Lo Verso G. (1995), La psicodinamica dei gruppi. Teorie e tecniche, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Foulkes S. H. (1975), La psicoterapia gruppo analitica. Metodi e principi, trad. it., Astrolabio, Roma 1976.

Yalom I. D. (1970), Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, trad. it., Boringhieri, Torino 1977.

Dott. Simone Piperno - Psicologo

A cura di:
Dott. Simone Piperno

Specialità:
Psicologo, Psicoterapeuta e Gruppoanalista, specializzato in psicologia clinica e dello sport.

Articoli Correlati